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Bardula | La Geometria della Luce

Artisti presentati: Bardula

Inaugurazione 10/05/2019
18.00
Chiusura 02/08/2019
Sede: Valmore studio d'arte, Vicenza

L'immagine come strumento di conoscenza

Bardula è un'artista che ben si innesta nelle ricerche del '900, da cui trae linfa per far germogliare le nuove forme espressive di inizio millennio.

I suoi riferimenti storici provengono da più ambiti: il più evidente e vicino è l'articolato percorso dell'arte ottico cinetica, ma nel suo approccio costruttivista si ispira anche all'astrazione geometrica e all'arte concreta. Si potrebbe sicuramente fare riferimento agli studi rinascimentali sul dispositivo prospettico, alle loro premesse teoriche e ai loro vertiginosi esiti nelle anamorfosi barocche e nei trompe-l'œil.

Ci si potrebbe dilungare molto sulla provenienza dei diversi contributi rintracciabili nel suo lavoro, ma è sicuramente molto più interessante e significativo cercare di comprendere come, partendo dagli esiti dei molti artisti che l'hanno preceduta, sia arrivata a costruire un suo percorso originale, realizzando opere di grande impatto sia visivo che concettuale. Le opere di Bardula stimolano una forte curiosità sui possibili futuri sviluppi del suo lavoro. Come se l'artista stesse tracciando dei percorsi che lasciano intravedere possibili direzioni del futuro.

E' senza dubbio molto evidente l'affinità con l'arte ottico cinetica. Stupisce la profondissima conoscenza delle ricerche dei suoi predecessori e la grande sapienza con cui utilizza i risultati delle loro sperimentazioni. In molte opere possiamo ritrovare l'eco di Vasarely o di Careaga, il desiderio e l'abilità di ricavare la terza dimensione da opere bidimensionali, di ottenere profondità dalla superficie, di mettere in scena l'ambiguità tra spazio pittorico e spazio dell'osservatore. La padronanza dell'uso del colore e del colore-luce ricorda l'abilità singolare di Garcia Rossi. La ricerca dello spazio moltiplicato, della profondità che non ha fine, ci riportano con la mente ai ludoscopi di Paolo Scirpa.

Fondamentali sono anche lo studio del punto di vista dell'osservatore e l'importanza del rapporto che l'opera intrattiene con lo spettatore tramite la complicità dell'occhio. La stessa opera vista frontalmente e di lato si trasforma sotto il nostro sguardo incredulo.

Bardula sviluppa inoltre in gran parte delle sue opere anche la ricerca sul movimento intrinseco. Le immagini sono instabili, pervase da una vibrazione continua, in perpetuo movimento virtuale (rintracciamo gli echi di Stein, Le Parc, Wilding, e molti altri).

Maneggiando con grande abilità i meccanismi percettivi e le dinamiche della visione, indagate a fondo nel '900 da psicologi e artisti, Bardula piega alle sue esigenze in modo estremamente raffinato le più innovative tecnologie del momento (non solo hardware e software ma anche i materiali usati) per arrivare a risultati inediti e in piena sintonia con il suo tempo.

Oltre al serrato dialogo con chi l'ha preceduta, Bardula intrattiene un rapporto interlocutorio con la scienza. Il dialogo fra arte e scienza, mediato dalla tecnologia, sembra essere il contesto più significativo entro il quale l'artista svolge la sua ricerca.

Con le sue opere ingaggia un confronto con le questioni importanti e ancora aperte della scienza contemporanea. Propone delle suggestioni per consentire la prosecuzione del dialogo, facendo presagire possibili ulteriori sviluppi.

Ma va fatta una premessa. La ricerca di Bardula è garantita da una profonda conoscenza della geometria e della matematica, che la sostengono nella sua indagine spinta verso gli abissi: i limiti conosciuti dell'immagine e della realtà visibile. E' la sua personale ricerca sulla conoscenza, perché non c'è conoscenza senza un linguaggio che la rappresenti. E sappiamo che negli esseri umani la vista è il canale preferenziale di interazione con la realtà. La rappresentazione visiva è sempre il linguaggio più efficace sulla strada della comprensione.

Qualche settimana fa, il 10 aprile 2019, un numeroso gruppo di scienziati ha mostrato al mondo la prima immagine di un "buco nero". L'immagine è il risultato di anni di osservazioni e di elaborazione dati, a seguito e a verifica di ipotesi di esistenza formulate solamente attraverso calcoli matematici. Un "buco nero" è per definizione invisibile, in quanto attrae dentro di sé tutto quanto gli sta attorno, materia e luce, che a causa dell'intensa forza gravitazionale non è più in grado di uscire. Non emettendo luce il buco nero non è percepibile attraverso la vista. E' visibile invece l'"orizzonte degli eventi" che lo delimita, cioè il vortice incandescente di polveri e gas che si avvolge a spirale per cadere verso il suo centro, in un viaggio senza ritorno (almeno relativamente alle conoscenze attuali). In questa occasione è stato detto: "Quello che stiamo vedendo è la prova di un orizzonte degli eventi. Ora abbiamo le prove visive di un buco nero".

I buchi neri sono attualmente gli enti più estremi che si possano immaginare. Rappresentano la frontiera della conoscenza dell'universo e con esso della realtà.

Ebbene l'attività di Bardula sembra focalizzarsi proprio nel tentativo di dare forma visiva a ciò che è invisibile o difficilmente visualizzabile, e trovare un linguaggio, un "dispositivo tecnologico" in grado di farlo.

"Atomium", "Event Horizon", "Beyond Hyperspace", "Waves", "Ice", "Starry Night", "Ripple", "Möbius", i titoli delle opere di Bardula rimandano già al mondo della Fisica, dalla scala atomica a quella dell'universo, dalla meccanica quantistica alla teoria gravitazionale della relatività. E' dichiarata l'attenzione per atomi, molecole, forme organiche, formazioni cosmiche, per le forze che agiscono su di esse, così come per forme e figure che le rappresentano: "Purple Explosion", "Carrés Etirés", Carrés Eclatés", ...

Anche quando dedica le opere ai suoi ideali maestri, Vasarely e Le Parc, in "To Victor" l'artista sta visualizzando il tessuto spazio temporale di Einstein e in "Hommage à Julio Le Parc" sta guardando in faccia il "mostro", il "buco nero", l"'ignoto". "Interference bleue - Hommage à Julio Le Parc" è la rappresentazione visiva della forza e dell'inquietudine del nostro conoscere.

E' impossibile fissare l'attenzione visiva sul centro dell'immagine di quest'opera, o sui bordi. Entrambi sono in continuo movimento, si trasformano incessantemente. L'osservatore non è in grado di mantenere fisso l'occhio su di essi, perché il suo sguardo viene continuamente deviato verso altri punti. Fissando il mostro negli occhi l'abisso si dilata, mangiandosi parte del colore, e i bordi si restringono rimpicciolendo la figura. Tutta la figura è attraversata dal movimento di un'onda lenta ma inesorabile.

L'originalità del percorso di Bardula si colloca nel tentativo di indagare e dare rappresentazione alla complessità del concetto di spazio a tutte le scale e in tutte le accezioni.

Dallo spazio geometrico e matematico usato come strumento, allo spazio architettonico (si fa riferimento per questo alle sculture e istallazioni) in cui riflette sugli elementi e sulle loro relazioni per strutturare uno spazio tridimensionale, un ambiente in cui la luce è fondamentale per la sua costituzione.

Lo spazio inteso come universo, ciò che costituisce la realtà, ciò che conosciamo della realtà e ciò che ci è ancora ignoto.

L'iperspazio, l'aldilà inteso come desiderio di andare oltre l'universo conosciuto, di scoprire nuove dimensioni e nuove "forme" dell'esistenza.

Altro punto critico indagato: il passaggio fra le diverse dimensioni, da 2 a 3, da 3 a 4, oltre la quarta dimensione verso altre ipotetiche dimensioni, che rappresenta sempre un faticoso salto cognitivo. Cosa c'è dentro o al di là del buco nero? C'è un passaggio verso numerose altre dimensioni, verso altri universi?

E ciò che rende così vibranti e in continua trasformazione le sue opere è la forte consapevolezza che lo spazio non è immobile, non può essere separato dal tempo ed è quindi pervaso dal movimento.

Una riflessione va fatta anche sulla luce, che gioca un ruolo essenziale nelle opere di Bardula.

La luce viene usata come energia, come ciò che dà forma alla materia, e anche come onda elettromagnetica, grazie alla quale percepiamo quello che ci sta attorno. La luce viene intesa come mezzo possibile di conoscenza.

Le opere di Bardula hanno in sé una grande forza attrattiva, è l'attrazione vertiginosa verso l'ignoto, la curiosità che ci spinge oltre lo spazio conosciuto.

Tramite gli strumenti più razionali a sua disposizione, la matematica e la geometria, l'artista ci conduce verso ciò che non è conosciuto, per indagarlo e per farlo emergere alla nostra vista.

Lo fa attraverso l'interazione di coppie di opposti: luce-oscurità, superficie-profondità, esterno-interno, visibile-non visibile, noto-ignoto.

La razionalità, la superficie, il visibile, il mondo conosciuto dialogano con la profondità, l'oscurità, l'ignoto. Le nostre certezze, il nostro equilibrio e la nostra serenità devono confrontarsi continuamente con l'incertezza, il turbamento, lo squilibrio provocati dalla consapevolezza dei limiti della nostra conoscenza.

L'opera "Ouroboros", il serpente che si morde la coda, il cerchio senza inizio né fine, apparentemente immobile ma in eterno movimento, rappresenta l'energia universale che divora e rigenera se stessa, che si consuma e si rinnova di continuo, l'unità e la totalità del tutto.

Qual è il nuovo apporto di Bardula rispetto agli approcci geometrico-costruttivisti del '900? L'intenzione di partenza non è più quella, così fortemente sentita nel secolo scorso, di contrapporre metodi e tecniche oggettive di rappresentazione all'espressione artistica individuale e soggettiva. Il suo è un tentativo, collocato nel punto di intersezione fra discipline diverse, di unire le forze per tracciare strade non ancora percorse e suggerire nuove ipotesi.

Attraverso i principali strumenti della razionalità Bardula ci spinge ai limiti stessi della ragione e della conoscenza per condurci verso altre possibili dimensioni dell'esistenza.

 

Monica Bonollo

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